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Coronavirus: possibile ottenere il rimborso per i viaggi annullati?

A causa dell’espandersi dell’epidemia da COVID-19, molti Paesi e varie compagnie di trasporto hanno cancellato o disposto restrizioni agli spostamenti dei cittadini, sia sul territorio nazionale che internazionale. Non di rado, l’applicazione delle stringenti misure di contenimento dell’epidemia, si sono tradotte per gli utenti nell’impossibilità di fruire dei ticket aerei o ferroviari già acquistati.

Cosa è possibile fare dunque per il consumatore che vede annullato il proprio biglietto aereo o ferroviario?

E quali tutele sono riservate a chi, prima delle misure restrittive in oggetto, aveva acquistato un c.d. pacchetto vacanza?

La risposta a tali quesiti non è univoca e va certamente analizzata caso per caso, anche alla luce del fatto che non si conoscono ancora in maniera nitida gli scenari che caratterizzeranno il panorama internazionale di qui ai prossimi mesi.

E’ utile evidenziare preliminarmente che in un comunicato l’Enac, l’Ente nazionale dell’Aviazione civile, precisa che i passeggeri in possesso di biglietto aereo:

  • la cui compagnia aerea ha cancellato il volo
  • il Paese in cui si dovevano recare ha predisposto restrizioni per chi arriva dall’Italia o vi abbia soggiornato negli ultimi 14 giorni
  • sottoposti, su disposizione dell’Autorità, a misure di contenimento da COVID-19

HANNO diritto al RIMBORSO del prezzo del biglietto da parte della compagnia aerea

NON HANNO diritto alla COMPENSAZIONE PECUNIARIA, ai sensi dell’art. 5 Regolamento 261/2004, in quanto la cancellazione del volo non è dipendente da causa imputabile al vettore.

Tanto premesso è bene precisare che per quanto riguarda i viaggi da effettuarsi sul territorio nazionale, non essendo possibili dopo il decreto dell’8 marzo gli spostamenti, se non indispensabili e dovuti a comprovate e tassative motivazioni, è subentrata di fatto una impossibilità della prestazione dovuta ad una causa di forza maggiore, che conferisce a tutti il diritto di rimborso per i viaggi già acquistati. Tale tutela attiene ai voli, viaggi in treno o nave, pacchetti turistici e permanenze in hotel da effettuarsi entro l’ultimo giorno in cui saranno in vigore le misure messe in atto dal governo per limitare i contagi.

Per quanto attiene invece ai viaggi da effettuarsi all’estero, è necessaria una preliminare distinzione tra chi ha prenotato un viaggio in uno dei Paesi che hanno già imposto il blocco ai viaggiatori italiani, e chi sarebbe dovuto partire per uno dei Paesi che non hanno imposto restrizioni ma tuttavia non ha giustificati motivi per effettuare tale viaggio nel rispetto delle misure attualmente in vigore (ad esempio un viaggio di piacere). Per la prima fattispecie sarà certamente possibile richiedere il rimborso della somma versata, mentre per la seconda tipologia descritta, viene garantita la restituzione degli importi solo per i viaggi da effettuarsi prima della data del 13 aprile, attualmente indicato come ultimo giorno di applicazione delle misure restrittive.  In entrambi i casi sarà necessario avanzare formale richiesta di “risoluzione per impossibilità sopravvenuta”  conseguente alle direttive del decreto, affinché rimborsino il viaggio divenuto “impossibile”.

Discorso diverso vale invece per i viaggi all’estero prenotati per una data successiva al 13 aprile 2020 (salvo ulteriori proroghe). In tal caso, dipendendo la volontà di non partire da una libera valutazione rimessa agli utenti, non sarà così semplice ottenere un rimborso della cifra corrisposta per il viaggio già prenotato, a meno che non si sia sottoscritta una polizza assicurativa che copra l’annullamento.

Tuttavia anche in questo caso non tutto è perduto, è bene evidenziare che il Codice del turismo stabilisce che, se le motivazioni del recesso unilaterale del turista sono costituite soltanto da questioni personali e non oggettive, tutte le conseguenze economiche della rinuncia rimarranno in capo a lui. Tuttavia nel caso in cui le stesse motivazioni dovessero risultare fondate su fattori “esterni”, tali da impedire o limitare oggettivamente il godimento del viaggio, sarà possibile per il consumatore ottenere il rimborso del viaggio anche in tale occasione. Condizione necessaria è dunque la sussistenza di una delle cause identificabili come “cause di forza maggiore”, tra le quali rientrano certamente le calamità naturali, gli avvenimenti bellici, i disordini socio-politici, gli atti di terrorismo o le emergenze sanitarie. E’ innegabile che tali tipologie di eventi imprevedibili inficino lo scopo per il quale si è sottoscritto il contratto di acquisto di un viaggio, per il quale sarà pertanto possibile richiedere l’annullamento.

Al riguardo, anche la Cassazione, con la sentenza 16315/2017, ebbe modo di stabilire che il contratto di viaggio deve intendersi caratterizzato dalla sua finalità turistica, ovvero dal fatto che esso persegue la realizzazione del benessere psico-fisico derivante dal pieno godimento della vacanza come occasione di svago e riposo. La sopravvenuta impossibilità di realizzare tale finalità, secondo la Corte, implica il venir meno dell’obbligazione debitoria anche se, in astratto, la prestazione dovesse risultare ancora eseguibile.

Proprio come nel caso di chi teme di poter contrarre nel corso della propria vacanza all’estero il COVID-19: il timore di contrarre la patologia, gli renderebbe irrealizzabile lo scopo del viaggio, dando quindi diritto ad un annullamento dell’obbligazione contratta.

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